Associazione per il musicista Alberto Franchetti

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I luoghi di Franchetti @ Fotografia Europea Circuito OFF 2024


link alla mostrabrochureintervista su IMD Radio

Il progetto fotografico, a cura di Silvia Perucchetti e Marcello Romani, desidera far scoprire – o riscoprire – i luoghi che hanno incrociato la storia del compositore Alberto Franchetti (Torino, 1860 – Viareggio, 1942) e della sua famiglia, localizzati sia a Reggio Emilia e provincia che in tutto il Nord Italia.

Fra i luoghi documentati, Palazzo Franchetti in via Emilia S. Stefano a Reggio (oggi sede della secondaria di primo grado “A. Manzoni”), la tenuta del Cavazzone a Viano (RE), dove il compositore trascorse molti periodi dal 1888 al 1905, ospitò Giacomo Puccini e vi compose parti delle sue opere più famose (Germania e Cristoforo Colombo); l’incantevole Belvedere in ghisa e ferro (ieri in Città, oggi affacciato sulle colline reggiane), la Tenuta Aurelia di Reggiolo e Villa Levi a Coviolo; le dimore veneziane (la Ca’ d’Oro e palazzo Franchetti-Cavalli).
Concepito come progetto a lungo termine, questo reportage desidera iniziare a raccontare per immagini la storia ‘nascosta’ della famiglia Franchetti, da un lato ben nota agli studiosi, dall’altro molto spesso sconosciuta agli stessi reggiani, abituati tuttavia a incontrarne il cognome in vie, palazzi, modi di dire.

Già dallo scorso anno l’Istituto Manzoni, promuovendo il Comitato di Valorizzazione di Palazzo Franchetti, ha iniziato con i suoi alunni un viaggio alla scoperta della famiglia Franchetti, avviando un percorso di Public History che ha portato gli studenti a diventare per la propria scuola Ciceroni FAI. Ora, in occasione della mostra, alle opere dei due fotografi si affiancheranno alcuni scatti degli alunni, desiderosi di celebrare, insieme agli esperti che li hanno affiancati nel loro percorso di lavoro sulle fonti storiche, gli antichi proprietari della loro scuola; con i loro scatti, gli studenti della Manzoni valorizzeranno le piante e gli animali nascosti nelle decorazioni del palazzo.
Il progetto è promosso dall’Associazione per il Musicista Alberto Franchetti, con la collaborazione dell’Istituto comprensivo “A. Manzoni”.

Silvia Perucchetti

Silvia Perucchetti (1983) è musicologa, bibliotecaria e direttrice di coro, specializzata nello studio del Rinascimento musicale e direttrice del quadrimestrale FarCoro. Da tempo appassionata di fotografia, si dedica alla documentazione di concerti, eventi, beni culturali (manoscritti, stampe e tessuti) e alla fotografia artistica. Ha frequentato corsi di fotogiornalismo tenuti da Stefano De Grandis a Bologna, sul ritratto tenuti da Marco Montanari, sulla digitalizzazione dei beni culturali, documenti archivistici e librari a Venezia. Ha realizzato digitalizzazioni di manoscritti musicali per DIAMM · The Digital Image Archive of Medieval Music (Oxford) e per varie biblioteche emiliane. Queste le mostre personali realizzate: “Cosmo botanico. Cronache di paesaggio multietnico a Novellara” (Comune di Novellara, 2021); “Ars intexendi. Nodi, legami, intrecci romanici in divenire” (Associazione Ars Canusina, 2019, 4 allestimenti); “Religo. L’ortodossia nelle chiese cattoliche reggiane” (Comune di Casina, 2018). Dal 2015 fa parte del Consiglio Direttivo e del Comitato Scientifico dell’Associazione per il Musicista Alberto Franchetti.

Marcello Romani

Da sempre appassionato di informatica, Marcello Romani risiede a Londra dal 2015 ed è attualmente cloud engineer presso un’importante banca d’investimento.
Incontra la fotografia in tenera età grazie all’interesse dei genitori. I primi anni a pellicola sulla Olympus di famiglia fissano i fondamentali tecnico-creativi del mezzo, influenzando positivamente il successivo approccio alle SLR digitali.
Alla musica dal vivo e all’interesse per i volti unisce un’attrazione per le simmetrie architettoniche e le geometrie astratte in cui si trasformano i dettagli dei paesaggi urbani.


Da sabato 27 aprile a domenica 9 giugno 2024
Reggio Emilia, Palazzo Franchetti
(Scuola Media Manzoni – via Emilia S. Stefano 33)

I luoghi di Alberto Franchetti
mostra fotografica a cura di Silvia Perucchetti e Marcello Romani
con le opere prime dei ragazzi del Laboratorio di fotografia della Scuola secondaria “A. Manzoni”

nell’ambito del Circuito OFF di Fotografia Europea 2024
in collaborazione con l’Istituto comprensivo “A. Manzoni”

  • inaugurazione sabato 27 aprile 2024 ore 11, a seguito dell’Assemblea dell’AMAF
  • sabato 27 aprile 2024: apertura ore 11-12.30 e 14-18
  • domenica 28 aprile 2024: apertura ore 10-18
  • tutte le altre giornate dal 29 aprile al 9 giugno: ore 14-15
    solo su appuntamento mostraoffschoolmanzoni@icmanzoni-re.edu.it
  • per info: Silvia Perucchetti 3470582149 (messaggi su Whatsapp, non chiamate) / mostraoffschoolmanzoni@icmanzoni-re.edu.it

Palazzo Franchetti a Reggio Emilia

Il Palazzo Franchetti di Reggio Emilia venne acquistato da Raimondo Franchetti sr. nel 1885. L’ingresso principale del Palazzo dà sulla via Emilia di fronte alla chiesa di S. Stefano, con ingresso secondario da via Raimondo Franchetti.

Palazzo di quattro piani, cinquantanove vani, vasto parco che includeva le Scuderie, la Cavallerizza (l’attuale palestra di Monte Pasubio), la Serra e il Belvedere, quest’ultimo trasferito poi negli anni ‘30 da Eugenio Terrachini al Cavazzone di Viano (RE) a fianco dello chalet. Per la ristrutturazione del Palazzo furono impiegate 200 maestranze, molte delle quali erano importanti artigiani fatti venire da Venezia.
Alla morte del Barone il Palazzo con tutte le sue pertinenze venne ereditato dai nipoti Raimondo e Guido, figli di Alberto, e nel 1921 venne venduto al Comune di Reggio, che lottizzò il parco e trasformò il Palazzo in edificio scolastico (attuale Scuola Media Manzoni).

Lo scalone ed alcune sale erano arredate con trofei di caccia ed oggetti africani che Raimondo jr. aveva collezionato durante le sue importanti esplorazioni (guarda il documentario Spedizione Franchetti nella Dancalia dell’Istituto Luce) e che verranno poi donati ai Civici Musei di Reggio dove tuttora si trovano.

Palazzo Franchetti a Reggio Emilia (foto Google street view)

La Tenuta del Cavazzone e il Belvedere a Viano (RE)

Nel 1878 Raimondo Franchetti acquistò parecchi terreni sulle colline reggiane nei comuni di Viano, Vezzano e Albinea e vi costruì una delle più fiorenti e moderne aziende agricole dell’epoca e la sua dimora di campagna, che la gente del luogo chiamava “la capanna del Barone”.

Qui il figlio Alberto trascorse molti periodi dal 1888 al 1905, anno della morte del padre, quando per eredità la proprietà passò all’altro figlio di Raimondo, Edoardo, che viveva a Parigi e i cui legali nel 1919 vendettero ad Eugenio Terrachini la parte centrale della tenuta.

Alberto Franchetti trascorreva parecchi periodi allo chalet e qui ebbe come ospiti personalità del calibro di Illica, Giordano, Puccini, Mascagni, il gotha del mondo musicale dell’epoca; sempre allo chalet compose parti delle sue opere più famose, Germania e Cristoforo Colombo.

L’incantevole Belvedere in ghisa e ferro, affacciato sul morbido panorama delle colline reggiane, venne trasferito dalla Città (vedi Palazzo Franchetti a Reggio) al fianco dello chalet negli anni ‘30 da Eugenio Terrachini. Progettato da Alessandro Sidoli, è diventato negli anni il simbolo del luogo e del territorio circostante; si trova all’interno della zona privata della tenuta e non è normalmente accessibile al pubblico.

Grazie all’iniziativa del Comune di Viano (RE), della Comunità montana, dell’Istituto ‘C. Merulo’ di Castelnovo né Monti e alla disponibilità della famiglia Sidoli Terrachini, presso la tenuta del Cavazzone sono stati organizzati fin dal 2001 numerosi eventi a carattere concertistico, nonché le prime occasioni concertistiche in epoca moderna per conoscere e ascoltare la musica di Franchetti.

Cavazzone (belvedere, tenuta, chalet) a Viano (RE), foto di Silvia Perucchetti

Villa Levi-Besenzi a Coviolo (RE)

Villa Levi è una delle più singolari ville della campagna Reggiana, caratterizzata dalla presenza dell’imponente cupola metallica e del colonnato gigante nel fronte sud. Nata come residenza estiva probabilmente attorno alla prima metà del 1600 ma significativamente rimaneggiata tra il 1790 e il 1810 su commissione dei Besenzi, i primi proprietari.

Poche settimane dopo il debutto al Teatro Municipale di Reggio Emilia della sua prima opera lirica Asrael, da lui stesso diretta con grande successo internazionale (erano presenti inviati del Figaro, del Neue Freje Presse di Vienna, del Times di Londra, del Frankfurter Zeitung, ecc.), il 21 marzo 1888 Alberto Franchetti si unisce in matrimonio con la bellissima nobildonna Margherita Levi, figlia di Arnoldo, erede di una famiglia ebrea di largo censo e di illustri origini.
I giovani sposi trascorrono alcuni periodi nella splendida villa di Coviolo (“Villa Levi”), già appartenuta alla nobile famiglia Besenzi.

Fu l’architetto Domenico Marchelli a occuparsi della ristrutturazione intorno al 1830, introducendo il timpano che sopravanza leggermente l’edificio. All’architetto Marchelli è riferibile anche la sistemazione del vasto giardino “all’italiana” e la realizzazione dei due edifici di servizio, che fungevano da abitazione del custode e stalla. Negli anni ’30 del 1800 l’architetto Luigi Poletti ha aggiunto la cupola sorretta da un colonnato circolare gigante e lavorato al “nuovo” prospetto sud, con la creazione di un pronao colonnato e di scalinata monumentale che collega il livello terra al piano nobile. La villa oggi ha quindi acquistato un’impronta che rimanda alle influenze palladiane.

La villa passò alla famiglia Levi nel 1874; all’inizio del ‘900 sono riferibili le decorazioni interne in stile Liberty. Venne poi acquisita dai Pelosi nel 1956 e dall’Università di Bologna nel 1971, che la destinò a sede del corso di Scienze della Produzione Animale. A metà degli anni ’80 l’Università ricava un piano nel sottotetto, dove vennero realizzati uffici e laboratori.

Oggi la villa è proprietà dell’Università di Bologna, che ha mantenuto soltanto attività laboratoriali e la gestione dell’azienda agraria. Viene messa a disposizione delle associazioni dei cittadini di Coviolo per l’organizzazione di eventi, come ad esempio Covioloinfesta.

Villa Levi-Besenzi a Coviolo (Reggio Emilia), foto di Paolo Leoni

Villa Aurelia a Reggiolo (RE)

Si trova tra Reggiolo e Novellara, nella Bassa reggiana. È una eccezionale struttura architettonica rurale a corte aperta. Nel XIV secolo fu “casino di caccia” dei Bonacolsi, primi signori di Mantova, passando in seguito ai Gonzaga.

La sua denominazione si riferisce al nome del poeta Giovan Maurizio Aurelio, ospite fra 1508-1510 del vescovo Ludovico Gonzaga, che con la sua famiglia ne fece una residenza estiva trasformandola in piccola rocca con fossati, terrapieni e ponti levatoi, forse con l’intervento Giulio Romano.

L’intera tenuta, di oltre trecento ettari e arricchita da una grande aia selciata, diversi fabbricati rustici ed un caseificio, fu acquistata da Raimondo Franchetti nel 1890. Alla sua morte fu ereditata dai nipoti Raimondo e Guido, figli di Alberto e Margherita Levi.

(testo tratto da: http://www.4000luoghi.re.it/luoghi/reggiolo/corte-aurelia.aspx)

Villa Aurelia a Reggiolo (RE) – foto di Roberto Federici

Ca’ d’Oro a Venezia

La Ca’ d’Oro, uno dei più prestigiosi palazzi tardogotici di Venezia, ospita su due piani l’importante collezione d’arte del barone Giorgio Franchetti (1865-1922, fratello del compositore Alberto), che nel 1916 donò allo Stato italiano le sue raccolte e l’edificio stesso, dopo averne ripristinato, con ingenti restauri, lo splendore originario.

La collezione del nobiluomo, comprendente mobili, dipinti, medaglie, arazzi, bronzetti e sculture, fu ampliata nel corso degli anni – e fin dall’inaugurazione della Galleria nel 1927 – con l’annessione di opere rinascimentali provenienti da edifici religiosi soppressi o demoliti e nuclei collezionistici provenienti da altri musei statali di Venezia, mentre una nuova sezione espositiva dedicata alla ceramica veneziana ha trovato spazio, dal 1992, nell’attiguo Palazzo Duodo.

Non si esaurisce alla sola Galleria, aperta al pubblico nel 1927, la visita del palazzo, che ancora conserva, nel suo complesso, la struttura dell’antica casa fondaco veneziana. Di particolare interesse è la corte interna, con il suggestivo mosaico pavimentale in marmi antichi, realizzato dal barone stesso ad evocazione delle basiliche paleocristiane, e l’originaria vera da pozzo scolpita da Bartolomeo Bon nel 1427. Nell’atrio – a ideale custodia dell’edificio e delle sue sorti – riposano, sotto un cippo di porfido, le ceneri di Giorgio Franchetti.
(testo tratto da: https://www.cadoro.org/il-museo/)

«Nel ’96 [i.e. 1896] la Ca’ d’Oro apparteneva a Giorgio Franchetti, multimilionario, bizzarra ed intelligente figura di musicista, di collezionista di capolavori e di appassionato dell’arte culinaria […].
[…] spesso coloro che erano ammessi alla visita [della Ca’ d’Oro] scorgevano un operaio intriso di sudore e di polvere di cemento, prono sul pavimento del pianterreno, con due suole di scarpe legate ai ginocchi per potersi trascinare su quelle di metro in metro, lavorare assiduo ed attendo a un grande musaico che nulla aveva da invidiare, per lo spirito arcaico, ai musaici di San Marco. Quell’operaio silenzioso, che non degnava di uno sguardo coloro che salivano per la scala scoperta ad ammirare il Mantegna, era Franchetti medesimo, il quale si ricoverava nel suo rifugio per meditarvi, chino sulle tessere di marmi preziosi, il problema della ricostruzione. Giorgio Franchetti straziato da un male atroce si tolse la vita nella Ca’ d’Oro lasciando questa in eredità allo Stato con tutte le opere stupende che ora vi sono esposte. Quali fossero la Ca’ d’Oro e il lavoro di mecenate nel ’96, D’Annunzio ricorda, appunto, nella Licenza:

“Aspettammo davanti a una porta che non si apriva. Il passato esiste? Tornavo a quella porta dopo vent’anni. Vedevo, a traverso il battente, nella sala terrena, me chino, con Giorgio Franchetti e con Angelo Conti, me in ginocchio come un operaio a commettere nello stucco porfidi e serpentini per rifare il pavimento di musaico… Entrammo… Nulla intorno era mutato. Non camminai sul musaico, quasi temessi di calpestare le mie stesse mani… Erano tuttavia là i rottami, le assi, le lastre in marmo non segate, le scorticature della parete, le travature scoperte, la solitudine aspettante, l’abbandono e il trasognamento […]”.»

(testo tratto da: Gino Damerini, D’Annunzio e Venezia, Milano, Mondadori, [1943], p. 77)

Venezia, Ca’ d’Oro, foto dal sito Viator

Palazzo Cavalli-Franchetti a Venezia

Per i primi tre secoli, dalla metà del Quattrocento alla metà dell’Ottocento, la storia di Palazzo Franchetti è segnata dalla convivenza al suo interno di diversi rami di illustri famiglie veneziane: i Marcello, i Gussoni e i Cavalli. […]

Negli anni ’40 dell’Ottocento l’arciduca Federico d’Austria riunifica la proprietà e dà l’avvio ad un complesso e articolato progetto di lavori di ammodernamento che dovevano condurre il palazzo a quella caratteristica di modernità che ne costituisce una peculiarità; già nel 1847 il palazzo viene acquistato dal conte di Chambord, per la Francia legittimista Enrico V, che affiderà i lavori di restauro a Giambattista Meduna.

Nel 1878 il barone Raimondo Franchetti compra il palazzo, che resterà alla famiglia fino al settembre 1922 quando sarà ceduto all’Istituto Federale di Credito per il Risorgimento delle Venezie dalla vedova del barone, Sarah Luisa de Rothschild. A questo periodo viene associato il nome dell’architetto Camillo Boito che vi compì importanti trasformazioni progettando lo scalone monumentale.
Oggi è sede dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti.

(testo tratto da https://www.palazzofranchetti.it/vic_storia.php)

Venezia, Palazzo Franchetti Cavalli, foto di Didier Descouens

Ex Vetreria Franchetti a Murano

La Cristalleria Murano fu fabbrica di servizi da tavola in vetro bianco e in cristallo dell’isola di Murano. Era ubicata in Fondamenta Manin, dove anticamente sorgeva un monastero agostiniano, poi di monache benedettine, e infine – nel 1439 – di francescane (sotto il nome di S. Chiara).

Nel 1882 è conosciuta sotto l’insegna Vetreria Venezia e nel 1884 il barone Raimondo Franchetti risulta esserne l’unico proprietario: la ditta diviene quindi Vetreria Franchetti, e si dedica alla produzione di bicchieri e bottiglie stampate, pesciere, ampolle, saliere, candelieri, bugie, zuccheriere, vasi per fiori, boccette da toilette, fruttiere, servizi per birra e liquori, brocche, pomoli, vasi per confetti e conserve, copri formaggio e servizi mensa da bordo.

Dopo un periodo di associazione, Giuseppe Toso acquista l’azienda e la riorganizza con il nome Cristalleria Murano; nel 1902 conta 500 dipendenti e nel 1919 diviene Società Anonima Cristalleria Murano, nome ancora visibile sulla facciata. Con gli anni ’40 arriva la grande crisi causata della nascente industria di materie plastiche; negli anni ’60 la cristalleria chiude definitivamente e nel 1977 l’area viene frazionata e venduta a diversi acquirenti.

Il reportage
Nonostante il luogo non sia più visibile nella forma che la cristalleria assunse all’epoca della gestione Franchetti, questo progetto fotografico intende documentare la continuità di funzione che il luogo tramanda dalla seconda metà dell’800, rimanendo tuttora centro di produzione del vetro e mostrando continue rime e rimandi concettuali, nonché dicotomie di colori ricorrenti. Tema chiave di questo piccolo reportage è il contrasto della convivenza fra grazia e purezza da un lato (il marmo bianco del portale della chiesa del monastero di S. Chiara poi riconvertito in vetreria, con incisa l’Annunciazione, «Ave Maria gratia plena»; il bianco dei lenzuoli che i veneziani stendono proprio di fronte, ‘soffiati’ dal vento, e il candore del tutto affine di teli e fasciature bianche da imballaggio, involontariamente aggraziate), e aguzza rudezza industriale dall’altro (il rosso del fuoco dei forni, ma anche dei mattoni e degli intonaci; i materiali metallici e gli spazi disadorni,  irti degli scarti appuntiti delle fabbriche, eppure arredati di fragili ed elegantissimi lampadari).

(testo tratto da Conoscere Venezia e https://it.wikipedia.org/wiki/Cristalleria_Murano)


Albero genealogico essenziale dei baroni Franchetti a Reggio Emilia e Venezia

Scopri l’albero genealogico completo della Famiglia Franchetti dalle origini ad oggi


Silvia Perucchetti e Marcello romani desiderano ringraziare Chiara Crespi, Eleonora Guerrera, Alessandra Landini, Daniele Meglioli, Antonio Metrangolo, Elisa Savignano e Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro – Direzione generale Musei Veneto (su concessione del Ministero della Cultura) per la disponibilità e la preziosa collaborazione