Associazione per il musicista Alberto Franchetti

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Illica e il libretto

Illica e il libretto

di Virgilio Bernardoni


Luigi Illica
Luigi Illica

Le circostanze di una selezione effettuata dalla Giunta Municipale di Genova fecero sì che un Luigi Illica pressoché esordiente nell’ambito della librettistica approdasse sul finire del 1889 all’ambizioso progetto del Teatro Carlo Felice di un’opera sulle imprese di Cristoforo Colombo, con la quale celebrare nel 1892 il quarto centenario della “scoperta” nella città natale del suo temerario artefice. All’epoca Illica era uno scrittore poco più che trentenne, dalla personalità prorompente, attivo soprattutto nel teatro, in contatto con Arrigo Boito e ben acclimatato negli ambienti della seconda scapigliatura milanese (con Ferdinando Fontana aveva scritto il suo primo testo drammatico, la commedia in costume I Narbonnier-Latour). Nel genere del libretto d’opera si era cimentato nel 1889 con un prodotto realizzato a quattro mani con Francesco Pozza, Il Vassallo di Szigeth per Antonio Smareglia, dopo di che aveva attaccato a lavorare al primo titolo tutto suo, La Wally per Alfredo Catalani. La collaborazione con quest’ultimo lo aveva introdotto tra gli autori di Casa Ricordi, nella cui scuderia. di lì a poco, si sarebbe verificata la grande svolta nella sua carriera di librettista, con l’assunzione in coppia con Giuseppe Giacosa del completamento e della rifinitura del tormentato libretto per la Manon Lescaut di Giacomo Puccini.

Luigi Illica
Luigi Illica

Nel 1889 Illica non era ignoto ad Alberto Franchetti – musicista già designato a comporre l’opera per la celebrazione genovese dell’epopea del gran navigatore – come testimoniano le prime lettere a lui indirizzate dal musicista e dal padre Raimondo, e come lascia supporre il giro delle frequentazioni letterario-musicali di Illica, tra le quali figura anche Ferdinando Fontana, autore del libretto dell’opera prima di Franchetti, Asrael. In ogni caso. la collaborazione dei due giovani autori nel Cristoforo Colombo riuscì tutt’altro che serena e concorde, tanto che Illica acconsentì a pubblicare il libretto a proprio nome soltanto dalla seconda versione (quella in tre atti) e che Franchetti per le opere successive si sarebbe avvalso di altri collaboratori (tra i quali di nuovo Fontana). Pure il coinvolgimento dello stesso Illica nella rivalità sorta tra Franchetti e Puccini per l’acquisizione del diritto a musicare la Tosca di Victorien Sardou non creò i presupposti per il successo di altre opportunità di cooperazione tra i due, che sarebbero tornati a lavorare insieme a una nuova opera soltanto a otto anni di distanza dalla prima esperienza, in occasione di Germania. Una collaborazione, quest’ultima, che Illica avrebbe affrontato nella posizione di maggior librettista italiano del momento e i cui esiti – a lungo discussi, tanto che l’opera non andò in scena prima del 1902 – avrebbero definitivamente avvalorato l’incompatibilità di fondo delle concezioni drammaturgiche sue e di Franchetti, confermando la reciproca inadeguatezza al lavoro comune.

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