Associazione per il musicista Alberto Franchetti

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Sinfonia in mi minore

Alberto Franchetti, Sinfonia - frontespizio
Alberto Franchetti, Sinfonia (Dresda, 1884) – frontespizio

Orchestra Sinfonica Moldava
Silvano Frontalini direttore


Analisi della composizione

Alberto Franchetti si diplomò in composizione nel 1884 presso il conservatorio di Dresda.

Presentò, come saggio, una sinfonia in mi minore, eseguita per la prima volta nella città sassone nel 1886 e, in Italia, il 22 aprile 1888 a Milano sotto la direzione di Franco Faccio.

I tempo – Allegro un poco agitato

Alberto Franchetti, Sinfonia - I tempo
Alberto Franchetti, Sinfonia – I tempo

Il primo tempo, Allegro un poco agitato, svolge in maniera piuttosto rapida ed appassionata, ancorché chiarissima, il classico schema della forma sonata. L’organico scelto da Franchetti è quello classico, di stampo brahmsiano o mendelssohniano, che dà risalto ai fiati, anche se la scelta di tre tromboni pare un po’ eccessiva.

La sezione dei fiati ha il compito dell’esposizione dei temi, entrambi enunciati dal corno con l’appoggio dei clarinetti. La prima idea proposta (probabilmente dalla commissione d’esame) è un agile periodo affermativo di 8 battute, di carattere incisivo e fortemente ritmico, preceduto da due battute di introduzione dei primi e dei secondi violini che eseguono un pedale di velocissime terzine nella tonalità d’impianto. La prima frase, composta da quattro incisi diversi, ha la seconda semifrase negativa rispetto alla prima. La seconda frase, invece, è affermativa rispetto alla prima (conserva le medesime caratteristiche ritmico-melodiche, con la sola modifica dell’ultimo inciso). Il periodo si conclude alla dominante, in un crescendo che valorizza al massimo la prima esposizione: il sottofondo degli archi, in pianissimo, e il moto ascendente del tema rendono assai bene il Poco Agitato che il musicista mette come indicazione di tempo.
Appena finita l’esposizione dei fiati, i primi violini riprendono il tema, sempre nella tonalità d’impianto, ma, procedendo per moto contrario rispetto agli elementi che compaiono nel primo periodo, sviluppano per cinque battute rispettivamente l’elemento della croma puntata e la terzina ascendente (che insieme formano il terzo inciso).
Successivamente, vedremo che cellule di questa prima idea, soprattutto la nervosa terzina ascendente e la croma puntata, compariranno un po’ in tutte le sezioni del ponte modulante, dello sviluppo e della coda.
In questa parte della sinfonia, in incrocio con la chiusa del secondo periodo, compare un’idea nuova eseguita dai flauti appoggiati alle viole e, in dialogo, dai clarinetti, che verrà ripresa e sviluppata in modo più ampio nello sviluppo e nella ripresa: si tratta di un elemento ritmico acefalo formato da due frasi uguali delle quali la prima termina con il terzo inciso del tema principale enunciato dall’oboe e dalla viola; la seconda eseguita contemporaneamente dai due flauti e dai due clarinetti in incrocio con il medesimo inciso del primo tema, dato però al corno. La conclusione di questa parentesi sarà l’elaborazione dell’elemento ritmico acefalo affidato, questa volta, ai violini. Successivamente, in imitazione, lo eseguono i violoncelli e tutta l’orchestra, per concludere con un movimento sincopato su un nuovo elemento ritmico, dato prima a violini, flauti oboi e, in dialogo successivo, a fagotti, viole, celli e contrabbassi.
Questa nuova entrata crea una breve oasi di pace ed allenta la tensione creata dall’enunciazione, molto intensa e dinamica, del primo tema. La tessitura dei violini (ma lo stesso discorso si potrebbe fare anche per i flauti) è mantenuta generalmente su registri medio-alti, in particolare nei momenti di più alta tensione, come nelle progressioni. Come vedremo, questa caratteristica, fin dall’opera Asrael, verrà poi trasferita da Franchetti alle parti vocali delle opere, cosa che presenterà per i cantanti ostacoli tecnico interpretativi non facilmente superabili.
Alla battuta 42 ritorna, sempre in mi minore, il primo tema eseguito da tutta l’orchestra, ma l’enunciazione si limita alla sola seconda frase che viene subito ripresa, in imitazione, dai violini nella tonalità di do minore. La testa del terzo inciso, nel primo rivolto di La bemolle maggiore, dà inizio ad una progressione ascendente che ha come modello la coda del medesimo inciso. Al basso, contrabbassi e violoncelli sostengono la croma puntata con un movimento cromatico ascendente di semiminime in crescendo, fino ad arrivare alla dominante del secondo tema.
Questo, dopo una preparazione di sei battute che ha lo scopo di rallentare il ritmo e la tensione creata dalla prima parte dell’esposizione, è eseguito dal corno in sol maggiore, tonalità relativa a quella d’impianto.
Il secondo tema, di carattere melodico, più disteso e meno incisivo e nervoso, nella prima frase di quattro battute si innalza solitario col corno, sostenuto, nella seconda frase, dai primi violini con l’imitazione in incrocio di clarinetti, e celli. L’imitazione quindi si estende, due battute dopo, alle viole, ai contrabbassi e ancora ai clarinetti quando l’oboe inizia un secondo periodo col medesimo tema in la minore che si trasforma in Sol maggiore nella cadenza perfetta conclusiva.
Alla battuta 80 il flauto riprende lo spunto del primo tema modificando l’andamento dell’esposizione senza però variare lo schema ritmico. In questa enunciazione del tema lo accompagna solo il secondo flauto che procede prima per moto contrario e poi, sempre ascendendo, a distanza di sesta dal primo.
La ripresa del tema con tutti gli archi e, dopo due battute, in imitazione ai fiati, risulta asimmetrica per dieci battute. L’asimmetria del periodo non è però caratterizzata dall’introduzione di elementi nuovi, ma semplicemente prolunga il passaggio dal primo al secondo inciso del secondo periodo. In incrocio con la sua conclusione, alla battuta 98, incontriamo la ripresa del tema a tutta orchestra, tranne violini secondi, viole, celli e contrabbassi che contrappuntano il tema con scale di terzine ad andamento sinusoidale; terzine che ricordano le battute d’introduzione e il sostegno armonico al primo tema. A conclusione dell’esposizione, sopra un pedale di sol maggiore, ritorna il terzo inciso del primo tema con uno sviluppo molto più accentuato della seconda parte (la croma puntata), per estensione della progressione, rispetto alla prima parte (la terzina). Infine, sotto le terzine dei violini, solitaria, la viola richiama, per l’ultima volta nell’esposizione, la prima frase del primo tema.
Alla battuta 142 inizia lo sviluppo con gli elementi già enunciati nell’esposizione, mettendo in maggior rilievo il primo tema, imitato in varie tonalità da diversi strumenti. Nello sviluppo non ci sono grosse novità rispetto sia agli elementi ritmico-melodici dell’esposizione, che allo schema classico di questa sezione. Franchetti predilige essenzialmente tre elementi: i primi due sono tratti dal solito terzo inciso della prima frase, la terzina e la croma puntata (quest’ultima specialmente in progressione); il terzo elemento è la croma seguita da due semicrome, che per la prima volta era comparso affidato ai violini alla battuta 58 e 59, prima del ritorno del primo tema con tutta l’orchestra.
I procedimenti predominanti dello sviluppo, particolarmente attento come abbiamo detto al primo tema piuttosto che al secondo, sono essenzialmente le progressioni (modulanti o meno), che generalmente utilizzano le parti sopra elencate; l’imitazione tra i vari strumenti del primo tema, quasi sempre o nella prima frase o nella seconda; brevi esposizioni che spesso sono contrappuntate con l’elemento ritmico acefalo che avevamo incontrato dopo l’esposizione del primo tema; la ripresa simultanea dei due temi affidati o ai soli fiati o suddivisi tra questi e gli archi. Questi modi di procedere si possono trovare o separati o usati contemporaneamente. Come esempio si veda la battuta 215 nella quale, sopra un sostegno armonico dei violini e delle viole, flauti e clarinetti eseguono in contrappunto con gli archi il primo tema, imitandosi tra loro a distanza di quattro battute, mentre l’oboe, in contrappunto con i clarinetti, esegue il secondo tema.
Dopo una lunga progressione di 16 battute, sull’accordo di tonica di mi minore in secondo rivolto, inizia la ripresa alla battuta 290. Il primo tema è enunciato da più strumenti e lo svolgimento successivo indica delle varianti rispetto alla prima esposizione. Questa volta l’elemento ritmico acefalo, sempre affidato a flauti e clarinetti, contrappuntati questa volta dal terzo inciso del primo tema effettuato dalle viole, svolge una funzione preparatoria all’entrata del secondo tema. Questo è eseguito dalle viole, ma solo per i primi tre incisi; a cui fanno loro eco i flauti con il richiamo al primo tema. Il movimento di dialogo tra primo tema e secondo tema si svolge essenzialmente tra i fiati, sempre in una tessitura piuttosto alta, mentre gli archi fanno da sostegno armonico. Infine si arriva all’enunciazione completa del secondo tema nella tonalità di mi maggiore (somigliante a quella d’impianto), effettuata da violini, viole e celli, subito ripresa, sempre dagli archi con effetto di eco. Il secondo tema si prolunga, echeggiante tra i vari strumenti, che inoltre lo contrappuntano con progressioni di crome puntate, fino a che non si giunge ad un’ultima esposizione del primo tema e, finalmente, alla coda che riesuma per l’ultima volta il terzo inciso del primo tema per concludere con una cadenza perfetta sull’accordo di tonica allo stato fondamentale.

II tempo – Larghetto

Alberto Franchetti, Sinfonia - II tempo
Alberto Franchetti, Sinfonia – II tempo

Il Lied semplice è la forma scelta dal giovane compositore per il secondo tempo di questa sinfonia. Apprezzato da alcuni critici per la sua levità, non si può non notare, in questo movimento, anche la sua giusta durata: non troppo corto da essere imperfetto in qualche cosa, non troppo lungo da annoiare chi lo ascolta.
Con un Larghetto si scioglie il canto dei soli archi: in un tranquillo tre ottavi i violini, con un attacco tetico, espongono il primo tema in sol maggiore con celli e contrabbassi che procedono per moto contrario e i secondi violini e le viole che lo accompagnano, dopo un inizio acefalo, con accordi di semicrome in sincope.
Nel secondo periodo Franchetti mostra la sua perizia nell’unire, senza soluzione di continuità, come fosse un unico canto che si libra dalle corde dei violini, la prima e la seconda idea: i primi violini riprendono il tema una quinta sopra, sempre accompagnati dai secondi violini e dalle viole che, con i celli, scambiano tra loro, alternativamente, gli accordi in sincope con alcuni incisi del tema, o per moto retto o per moto contrario; mentre i bassi, seguendo questa volta l’andamento del tema, enunciano, con qualche variazione, il secondo periodo assieme ai violini. Alla battuta 17 inizia un terzo periodo di sviluppo sempre affidato ai violini, in dialogo sia con celli che con bassi che continuano la loro enunciazione ma per moto contrario, mentre secondi violini e viole proseguono con la sincope delle semicrome. Questo nuovo periodo modifica ‘ l’andamento melodico del tema iniziale fino alla battuta 24 quando i celli, riprendendo in mano il tema iniziale, lo enunciano per intero sempre nella tonalità d’impianto, mentre i primi violini, in contrappunto, rielaborano il primo inciso della seconda semifrase del tema. L’accompagnamento ancora non cambia: una successione di semicrome in sincope che danno sostegno e tranquillità all’andamento dal movimento, così placido ed equilibrato, quasi da barcarola.
Il nuovo periodo si allunga con le medesime caratteristiche fino alla battuta 40, dove il musicista introduce dei cambiamenti che preludono all’entrata del secondo tema variando, per esempio, alle viole e ai clarinetti il secondo inciso (che da una successione di tre crome diventa una semicroma puntata e biscroma seguita da due crome). Alla battuta 50 si apre il secondo tema, libero e solitario, sulle note dell’oboe, subito imitato da celli e bassi insieme e, poco dopo, da violini e corni.
L’elemento variato del secondo inciso, la semicroma puntata con la biscroma, diverrà d’ora in poi quello che nel primo tempo era stato il terzo inciso del primo tema (la terzina ascendente con la croma puntata e semicroma). Franchetti lo riprende ed esalta le sue possibilità inserendolo in progressioni cromatiche ascendenti in crescendo e in unione con la terzina di semicrome, comparsa per la prima volta nel secondo tema come suo elemento predominante. Fino alla ripresa del primo tema il musicista elabora in profondità la testa del primo tema, assegnato vicendevolmente ad archi e fiati, e i due elementi sopra posti in evidenza. I procedimenti imitativi si alternano con lo stile contrappuntistico e le progressioni fino alla battuta 81 nella quale, con un crescendo dal ppp al fff, ritorna trionfale il primo tema sempre in Sol maggiore esposto da tutti i fiati mentre primi e secondi violini contrappuntano il canto con rapidissime scale ascendenti e discendenti di quartine di biscrome e celli e bassi rinforzano il tema per moto contrario. Dopo la ripresa del primo periodo, anche il secondo viene enunciato con le medesime caratteristiche ad una quinta di distanza. Infine il terzo periodo, affidato questa volta all’espressività dei soli violini primi, attenua l’impeto della ripresa in fortissimo: le scale di biscrome muoiono in un pp e il canto dei violini è contrappuntato da lievi scalette di semicrome del clarinetto e del corno, subito imitati da celli e bassi e poi dai secondi violini. Ora sono le scalette di semicrome, sia tetiche che acefale, che contrappuntano l’ultimo periodo fino alla coda finale che ha inizio con una cadenza d’inganno in pp. Sopra un pedale di tonica il musicista rielabora elementi tematici del primo e del secondo tema fino all’ultima enunciazione dell’idea iniziale, affidata ai clarinetti e ai fagotti che, quasi come un canto del cigno, spegne in ppp questo delizioso movimento.

III tempo – Intermezzo

Alberto Franchetti, Sinfonia - III tempo
Alberto Franchetti, Sinfonia – III tempo

Il terzo tempo, nella forma di Scherzo e Trio in mi minore, è un Intermezzo vivace in tre quarti, quasi una danza briosa, che ravviva l’atmosfera dopo il placido fluire del secondo movimento.
Dividendo la prima esposizione dello Scherzo in due sezioni, A e B, possiamo dire che la prima parte, A, è formata da un doppio periodo di otto battute ciascuno. Ogni periodo si divide in due frasi che a loro volta sono costituite da due semifrasi: la struttura formale quindi, almeno per questa prima parte, è estremamente regolare. La testa del tema del primo inciso inizia nella forma di anacrusi di slancio con un salto d’ottava di due semiminime seguite da due crome. Il secondo inciso presenta invece una struttura a specchio rispetto al primo (i valori delle note cioè si presentano capovolti: due crome e due semiminime): termina così la prima semifrase. Nelle altre semifrasi Franchetti utilizza alternativamente l’accoppiamento una semiminima con quattro crome e due crome seguite da due semiminime: la figurazione ritmica quindi è molto semplice, quasi al limite della monotonia, e non è certo questa la caratteristica che rende il brano così piacevole. Stessa cosa si può dire per le costruzioni armoniche di questo primo doppio periodo: il compositore non si sposta molto dai soliti passaggi tonica-dominante. Eppure, all’ascolto, questo intermezzo non scivola via, rimane nell’orecchio come una eco, con quel suo ritmo altalenante di crome e semiminime assecondato, anche, dal movimento sali-scendi della melodia. Tutta l’orchestra è infatti coinvolta in questo moto: mentre tutte le parti a tessitura alta dell’orchestra, cioè flauti, oboi, clarinetti e violini eseguono questo primo tema, le parti basse (fagotti, corni viole, celli e bassi) contrappuntano con semiminime per moto contrario. Il risultato è una specie di movimento a onde contrastanti suddiviso tra l’andamento del tema e quello del contrappunto, che richiama assai bene un movimento di danza.
La sezione B inizia dopo il ritornello del doppio periodo, che si concludeva alla dominante, e consta di sei periodi che terminano con l’inizio del Trio. Immediatamente si presenta la testa di un motivo che vedremo essere il modello di un canone: echeggiante i primi due incisi del primo tema e presentato innanzitutto dal fagotto e dai celli, subito si trasferisce alle viole e agli oboi per poi passare a violini secondi, primi e bassi. Contemporaneamente, il tema viene rinforzato da brevi scale di crome discendenti affidate a celli e fagotti che riempiono e sostengono la coda del secondo inciso. Tutte le imitazioni del tema, come del resto avevamo notato all’inizio della parte A, si presentano nella forma dell’anacrusi di slancio, con il levare o all’ottava o all’unisono.
In questa parte che conduce al Trio, Franchetti utilizza alcuni elementi tratti dalla sezione A, ad esempio alcuni incisi del secondo periodo, e ne saggia le possibilità variandoli, mettendoli in progressione, facendoli procedere per moto contrario al tema. Alla battuta 46, ad esempio, dove affida il primo ed il secondo inciso della seconda semifrase di A ai flauti ed ai clarinetti, subito imitati dai violini secondi e dalle viole, il movimento discendente del tema viene negato da fagotti, celli e bassi che, con il quarto inciso del secondo periodo di A, eseguono in pizzicato un moto ascendente.
Con la battuta 65 inizia, in Do maggiore, il Trio che vede i clarinetti esporre un tema in tre quarti sopra un pedale di dominante, con il corno che per moto contrario esegue la stessa . figurazione ritmica mentre l’oboe contrappunta la seconda frase con una breve e dolce melodia. La tonalità rimane immutata anche quando, sopra un pedale di tonica dei bassi, i violini primi imitano il tema per moto contrario. Il doppio periodo del Trio termina con una cadenza perfetta modulante alla dominante di Do.
A questo punto il Trio, nella sua forma classica, prevede l’inserimento di un nuovo elemento. Qui Franchetti lo affida al clarinetto, raddoppiato una quinta sotto dalle viole e una terza sotto dai celli. Questo nuovo elemento, che potremmo chiamare D, contrappuntato per moto contrario dai fagotti, diviene nella seconda frase il modello di un movimento a canone. Le imitazioni si estendono a tutto l’organico anche nel secondo periodo, fino alla battuta 32.
Da qui compare di nuovo l’elemento C, che, con il ritorno a Do maggiore, richiama per tre volte il terzo inciso dell’elemento D. Questo nuovo nucleo ci accompagna per 20 battute fino alla fine del Trio che, senza troppo indugiare, dopo un breve passaggio a Sol maggiore, conclude con una cadenza perfetta a Do maggiore.

IV tempo – Allegro vivace

Alberto Franchetti, Sinfonia - IV tempo
Alberto Franchetti, Sinfonia – IV tempo

Il quarto tempo, un Allegro vivace in quattro quarti, sembra chiudere il cerchio della sinfonia. Questo movimento infatti oltre a ricordare nelle prime due sezioni la forma sonata, che Franchetti aveva utilizzato per il primo movimento, richiama anche temi ripresi dai vari movimenti: quindi, oltre a elementi nuovi (i temi) che compaiono in questa prima sezione in una forma già utilizzata in precedenza, Franchetti riutilizza idee già comparse prima ma in una forma nuova.
L’Allegro vivace si apre con una brevissima introduzione del timpano; subito, in pp, si insinuano gli archi con il primo tema. La loro entrata quasi sfugge via, dato che non hanno l’appoggio, almeno all’inizio, nè dei celli, nè dei bassi. Ma a poco a poco l’organico si irrobustisce: dopo tre battute entrano i violoncelli seguiti poco dopo dai fagotti e poi dai contrabbassi, clarinetti, oboi e corno. Il tema entra in levare, eseguito, come abbiamo detto, dai violini, nella prima frase. All’inizio della seconda, invece, (composta da una semifrase affermativa e una negativa) il levare iniziale è sostituito da un elemento nuovo, una croma e due semicrome, che più avanti ricomparirà frequentemente.
Mentre i violini espongono il tema, viole e celli contrappuntano seguendo l’andamento della melodia. Già da questa prima frase appare evidente l’andatura decisamente veloce tipica degli ultimi tempi, caratteristica delle sinfonie, dei concerti e delle sonate classiche: tutto il tema è scritto in ottavi, con pochissime concessioni (due) alle semiminime. La coda della seconda frase elabora quella nuova cellula che avevamo trovata al posto della pausa iniziale, in progressione modulante, sopra un movimento cromatico ascendente dei bassi.
Il secondo periodo, alla battuta 10, presenta nelle due frasi un’unica idea esposta all’inizio dall’oboe e dal corno e imitata nella seconda frase da violini primi, viole e celli. Questa nuova entrata degli archi è preceduta da un inedito elemento di slancio: si tratta di una breve scala di si minore melodica, in crescendo, che innalza la tensione creata dall’attesa del ritorno del tema iniziale in f. Il tema viene ancora svolto per quattro battute alla fine delle quali, con successivi passaggi dei violini e delle viole nei rivolti di terza e sesta per due volte, seguiti dal secondo rivolto e dallo stato fondamentale, i violini con i clarinetti si portano alla seconda battuta di questo nuovo periodo, caratterizzato dal ritorno di quell’elemento ritmico riempitivo, conclusivo della seconda frase, che avevamo visto all’inizio del movimento (la croma seguita da due semicrome) in forma di breve progressione.
L’esposizione del primo tema si conclude attraverso un ulteriore elemento nuovo, sincopato, sopra un pedale di tonica elaborato con elementi di volta richiamato dai fagotti e dagli oboi; la dinamica si smorza al p e poi al pp con un leggero ritardando. La tonalità passa così alla relativa d’impianto, Sol maggiore, con le medesime rarefatte atmosfere che avevamo visto all’inizio, con l’organico ridottissimo, solo gli archi, in pp e staccatissimo: così si presenta il secondo tema (battuta 29), affidato ai soli archi; di carattere decisamente ritmico rispetto al tradizionale carattere melodico.
La seconda frase, affermativa alla prima, è sovrastata da una nuova melodia del corno, rinforzato dal clarinetto e dai violoncelli, su un pedale dei timpani e dei bassi.
Questa nuova idea viene alternata alla testa del primo tema, affidate entrambi ai vari strumenti, fino alla ripresa del primo tema che avviene alla battuta 58 nella tonalità d’impianto. La ripresa questa volta è sostenuta anche dai fiati e viene subito imitata, quattro battute dopo, da violini, fagotti e flauti una quarta sopra nella forma che avevamo visto all’inizio della seconda frase, con l’elemento sostitutivo della pausa. La ripresa del secondo periodo, pressochè immutato, è affidata ai fiati (flauti, oboi e corni) con gli archi che contrappuntano. Anche l’inizio della seconda semifrase, con l’elemento di slancio in si minore, rimane invariato. Ma la parte conclusiva del tema diviene il modello per un procedimento a canone che percorre tutta l’orchestra. In incrocio con una delle entrate del tema, eseguita dai primi violini, compare ai tromboni il secondo periodo del primo tema. Questa apparizione, che verrà subito messa a tacere dal ritorno ad entrate strette del canone, è preludio di un nuovo canone che avrà per modello proprio quel secondo periodo.
Dopo questa serie di processi imitativi ricompare la testa del primo tema imitato da flauto e clarinetto sopra un pedale di ottave spezzate eseguito dai celli che dal sol, in progressione cromatica, riporta tutti gli archi ad eseguire la testa del primo tema, interrotto da un trillo di timpani sulla dominante di mi minore.
Tutto è in pianissimo. Franchetti per ottenere questi effetti di sonorità ad “onda” spezza sovente l’organico nelle due sezioni contrapposte di archi e fiati che dialogano tra loro. Questo procedimento, condotto nei colori del piano, il più delle volte è usato per ottenere un effetto di attesa e di tensione. Ed infatti la novità che il musicista prepara è la ripresa del tema, aggravato per aumentazione del secondo tempo ai corni, alla tromba ed al trombone.
Questo ritorno si ripete 14 battute dopo con gli stessi strumenti ai quali però ora il musicista sovrappone l’inciso del primo tema elaborato ed in canone. Alla fine di questa imitazione la tonalità muta in Mi maggiore con un pedale di dominante dalle reminiscenze brahmsiane sul quale si alternano, successivamente, come solisti l’oboe, il clarinetto il fagotto ed il corno. Il processo imitativo e le progressioni sembrano veramente dominare questo ultimo tempo, ma la chiarezza tuttavia non ne risente: il tutto rimane di una limpidezza esemplare. Gli strumenti non si confondono, il processo non determina spiacevoli cacofonie: tutto appare sostenuto da una salda mano compositiva. Ancora più avanti il secondo tempo viene richiamato dai corni, sempre in forma aggravata, ma alla sua conclusione ricompare il primo tema del primo movimento.
Questa nuova entrata tuttavia si esaurisce nella sola prima semifrase: il continuo richiamo dei tema del secondo movimento per aumentazione sembra essere ora il pensiero dominante della conclusione, associato a continui processi imitativi e a progressioni in crescendo. Un’ultima volta ancora compare quel primo tema del primo tempo, questa volta però seguendo in parte la trasformazione che aveva subito il tema del secondo tempo: la prima semifrase viene aggravata e la seconda non fa in tempo a ritornare in vita. La conclusione incalza, bassi e celli eseguono un lunghissimo pedale di tonica e ritornano per l’ultima volta le terzine che oramai hanno perso la loro vis nervosa: i valori troppo dilatati e l’iterazione fa perdere loro la forza enunciativa. La sinfonia si conclude con tre battute di un maestoso nonché definitivo accordo di tonica in stato fondamentale eseguito da tutta l’orchestra in fff.


Le altre composizioni sinfoniche di Franchetti:

  • Loreley, poema sinfonico per orchestra (forse perduto)
  • Fantasia drammatica, per orchestra con pianoforte e violoncello obbligati, 1913
  • Nella Foresta Nera, impressioni sinfoniche, 1900, Ricordi


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